Il termine dementia era già usato nella medicina dell’antica Roma: Celso (1° sec. d.C.) la descrisse come una condizione generica di alterazione intellettiva e comportamentale.
Per lungo tempo, dementia fu assimilata a una condizione di svantaggio sociale o morale. Fino al 18° secolo, quando fu considerata una vera e propria malattia (o tipo di malattie).
Il particolare tipo di demenza (AD, Alzheimer’s disease) fu presentata dal neuropatologo Alois Alzheimer a Monaco di Baviera nel 1906 (e approfondita dall’italiano Gaetano Perusini nel 1909). Il medico tedesco descrisse il caso di Auguste D., donna di 51 anni che soffriva di una grave forma di demenza, caratterizzata da iniziali deliri e successivo disorientamento spazio – temporale. Per la prima volta, a questo quadro clinico fu associata, dopo la morte della paziente, un’accurata descrizione del cervello malato: l’organo presentava evidenti alterazioni rispetto alla norma (generale atrofia e agglomerati neurofibrillari).
Pochi anni dopo, nel 1910, un altro grande psichiatra tedesco, Emil Kraepelin, che per primo classificò interamente le malattie mentali, riconobbe la particolarità di AD all’interno delle demenze: la patologia, per la prima volta, fu chiamata Malattia di Alzheimer o Demenza Presenile.
Dapprima utilizzato esclusivamente per demenze a esordio presenile (prima dei 65 anni), il nome AD fu successivamente (1977) esteso a tutte le demenze del tipo descritto da Alzheimer nell’autopsia di Auguste D.
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